I fiori sulla testa. Ricordando Eugenia Pelanda (1949-2021)

Ho sempre creduto e credo che per essere uno psicoterapeuta sufficientemente buono è necessario andare a bottega.

Gli artigiani che si incontrano lungo il cammino sono molteplici, con competenze diverse e modi di fare differenti.

Oggi (29 luglio 2021) è scomparso uno di loro: Eugenia Pelanda.

Il primo incontro con lei è stato attraverso un libro: “Non lo riconosco più”. Mi ero da poco iscritto all’università e stavo tentando di uscire dalla mia adolescenza e mi domandavo se proprio quella fase della vita prima o poi sarebbe stato il mio ambito di lavoro.

Il secondo incontro è stato poi nel 2010, giovane studente del Minotauro e quindi ormai appassionato di adolescenza, ascoltavo la sua relazione introduttiva al convegno Torinese “Adolescenti e adulti oggi”.

Il terzo incontro,”Psicoterapia breve di Individuazione”, il libro scritto con Senise ed Aliprandi. Tra quelle pagine ho appreso il significato della diagnosi in adolescenza e quindi della lettera ritratto.

Credo che il modo per riconoscere un vero artigiano sia scoprire se, al di là della morte, continuino a nascere fiori dalla sua testa.

Il bambino e la scuola: nel solco di Marcella Balconi

Tutte le questioni che interrogano chi si occupa dello sviluppo dei bambini transitano in questo libro di grande utilità, che mette al centro l’ascolto dell’altro e delle relazioni affettive, con la consapevolezza che nessuna delle funzioni di chi si prende cura deve soffocare le altre o essere cristallizzata in una prescrizione. II lavoro clinico dei due autori si inserisce nell’opera e nel pensiero di Marcella Balconi a cento anni dalla nascita e lo prosegue con intensità e coerenza, con la capacità di utilizzare una teoria “incarnata” nella relazione con il bambino invece che “applicata” in modo meccanico. Si gioca, si sogna, si cresce, in una dimensione profondamente relazionale e sociale (dalla prefazione di Anna Ferruta).

Il testo contiene un’apendice con alcuni scritti originali di Marcella Balconi e una sua bibliografia ragionata.

Il bambino e la scuola: nel solco di Marcella Balconi. Sviluppo emotivo e apprendimento in un approccio globale. Interlinea, Novara (pp. 177, 20 euro)

Visti di profilo

Un racconto scritto da Anotio Ferrara e Filippo Mittino, illustrato da Antonio Ferrara

Bacchilega, pp. 72, 10 euro

“Un giorno in classe spariscono le chiavi di casa della professoressa di matematica, lasciate in cattedra durante l’intervallo. Convocato d’urgenza il preside, vengono aperti gli zaini dei ragazzi e le chiavi vengono trovate nello zaino di Ciro, che però si dichiara innocente. La classe esplode in accuse reciproche: viene quindi coinvolto lo psicologo della scuola che chiede di parlare per due volte con tutti gli studenti di quella classe…”

Tutto fa pensare a un libro giallo, ma forse un giallo non è. Sicuramente è un libro che mette al centro la voce degli adolescenti con i loro guai, i loro desideri e le loro paure.

Il libro ha ricevuto una menzione speciale al Premio Lettarario Festival Giallo Garda.

 

Riorganizzare la speranza

A.Ferrara e F.Mittino, Riorganizzare la speranza

Ed. San Paolo 2018, pp. 112, euro 14,00

 

C’è il bambino che piange inconsolabile, il bambino sopraffatto da un litigio tra adulti, il bambino che è impossibile da portare dal pediatra, il bambino arrabbiato, il bambino curioso che resta inascoltato: storie che generano domande, che attivano processi di pensiero, che vanno a sondare le quotidiane fatiche dei genitori, ma soprattutto quelle dei bambini. Continua a leggere “Riorganizzare la speranza”

Dal settimo cielo al settimo piano: un libro per vivere

Dal settimo cielo al settimo paino. Un libro che nella giornata di oggi ha catturato in modo particolare la mia attenzione. Mi sono ritrovato tra le pareti gialle del mio studio a leggere, furtivamente, i sui capitoli tra un colloquio clinico e l’altro. Questo perché la forza del libro sta nella grande capacità di Leo di portarci dentro alla sua storia. La storia di un bambino sognatore che vede nel suo futuro il motocross. La storia di un’adolescente che vede il suo sogno infrangersi a causa di un tumore al ginocchio. La storia di una speranza che ogni tanto rischia di affievolirsi ma che in poco tempo si rigenera. La storia di un ragazzo che nella malattia ha incontrato un gruppo capace di sostenerlo.

Una storia, insomma, che narra quel concetto così tanto caro a Franco Fornari: riorganizzare la speranza. Leo aveva di fronte a sé un futuro che poteva trasformarsi in qualche cosa di drammatico, in un presente senza via d’uscita invece, grazie alla forza riscontrata nello sguardo dell’altro, è riuscito a fare della sua vita un nuovo sogno.

Questo libro è per tutti quelli che hanno il desiderio di vivere per qualche ora a stretto contatto con un adolescente che soffre e che sogna. Questo libro è per tutti quelli che non hanno affatto il desiderio di vivere per qualche ora a stretto contatto con un adolescente che soffre e che sogna. Questo libro è per tutti quelli che scelgono di vivere, di sporcarsi le mani con l’umanità che è fatta di sofferenze e sogni.
Ecco perché questo libro è per tutti, perché nessuno può decidere di fuggire all’aspetto umano della propria vita.

Andare a bottega

Nel 2008 usciva in Italia il PDM. In quegli anni ho avuto la fortuna di frequentare una piccola bottega collocata tra le vecchie stanze dell’Università degli Studi di Torino. In questa bottega due artigiani (Cesare Albasi e Carlo Alfredo Clerici) ci mostravano senza nessuna presunzione di trucchi i segreti di quello che era il lavoro clinico. Tutto ciò che era molto affascinante e ti faceva in qualche modo sentire partecipe di un movimento che creava pensiero e cultura rispetto al modo di curare attraverso la parola. Il manuale non è stato altro che uno strumento che in qualche modo ha sistematizzato ciò che da anni si stava sostenendo all’interno del movimento psicoanalitico. Certo per me era un periodo di forte idealizzazione, citando De Andrè potrei che “mi innamoravo di tutto”. A 10 anni di distanza mi ritrovo nella mia stanza delle parole a guardare la copertina della seconda edizione del PDM. Molto tempo è passato, la passione per la clinica è cresciuta a dismisura e il rapporto con quei due artigiani si è fortificato negli anni. Ora sono sempre più convinto che fare diagnosi significhi incontrare il paziente, sporcarsi le mani e immergersi totalmente nel mare della sua sofferenza. Certo è necessario avere in mente che in quel mare non ci si perde, bensì si offre, per quanto si può, una base sicura alla quale fare ritorno. Insomma a distanza di anni credo sempre più che la diagnosi non sia racchiudere il proprio paziente in una sterile categoria bensì trasformare richieste , paure, desideri, emozioni in una storia che racconta in qualche modo il suo presente e che riesca ad aprire prospettive future . La fortuna che vivo tutti i giorni è quella di avere a che fare con persone e quindi con realtà magmatiche, mutevoli e cangianti. Credo che sia più importante attivare processi di pensiero creativo piuttosto che ragionamenti che conducono a lineari categorizzazione.
Il desiderio che coltivo è quello di ridare vita a botteghe nelle quali poter andare a imparare il mestiere artigiano dello psicologo, perché lavorare con le persone significa vederle, parlarci, incontrarle e non barricarsi dietro a tecniche e teorie. Sto scrivendo tutto ciò su un tavolo di legno, prodotto a mano da un falegname almeno 60 anni fa. Certo non è preciso come quelli che escono dalle fabbriche dei grandi marchi. Certo è possibile vedere anche le gallerie scavate dal tarlo, essendo di legno buono. Certo ha avuto bisogno di un lavoro di restauro. Ma nel contempo ha la fortuna di essere unico e avere una storia.

Capita di guardare una fotografia

Capita di essere immersi tra grigi edifici.

Capita anche di essere accompagnati da un profumo familiare.

Capita di trovarsi in un giardino colorato.

Capita anche di aprire una porta ed essere abbracciati dalle stanze.

Capita di pranzare tra sconosciuti.

Capita anche di sentire un senso di appartenenza.

Capita poi di guardare una fotografia e capire di essere parte di una storia antica.

Cohousing Drinks: la costruzione del gruppo

Mercoledì 25 gennaio alle ore 18.30 presso QKing corestaurant di via Tartini 13 a Milano avrò l’onore e il piacere a uno dei Cohousing Drinks organizzati da Housing Lab.

I Cohousing Drinks sono aperitivi a tema per parlare di cohousing: occasioni per approfondire i diversi aspetti del coabitare, conoscere le iniziative in corso, incontrare potenziali cohousers. Sono organizzati da CohousingLab, rete di professionisti esperti in accompagnamento e sviluppo di abitare collaborativo e sociale.

Progettare un cohousing vuol dire fin da subito, anche quando non è ancora stato posato il primo mattone, essere un gruppo, un gruppo che prende decisioni insieme. Ecco perchè la mia partecipazione all’interno di questi eventi. Proverò a portare quell’impornta che Franco Fornari ha cercato di lasciare all’interno del lavro con le istuzioni, racconterò cosa si intende per analisi della cultura affettiva e per gestione democratica dei conflitti.

Ecco una breve descrizione degli argomenti della serata:

Essere un gruppo
Chi di noi non ha vissuto questa esperienza? Pensiamo alla nostra famiglia, alla compagnia di amici, all’associazione di cui siamo parte, … Ognuno di noi però vive in maniera diversa la sua appartenenza al gruppo giocando ruoli differenti: chi rimane più in disparte, chi esprime la sua opinione su ogni argomento, chi si prende cura degli altri, chi vuole a tutti costi avere ragione, chi si batte per la collaborazione, chi sceglie di conquistare gli altri con le parole,…

Essere un gruppo che decide insieme
Ogni giorno prendiamo decisioni condivise con altri. Diverso però è scegliere insieme agli amici in quale locale andare sabato sera dal decidere con gli altri cohousers dove vivere per i prossimi vent’anni o a quale impresa costruttrice affidare i nostri risparmi.

Una maggiore consapevolezza di qual è il mio ruolo e quello degli altri all’interno del gruppo di cohousers e la condivisione delle motivazioni di ognuno aiuta a costruire un clima democratico e a gestire i conflitti, aspetti fondamentali per la buona riuscita del progetto.

Il costo di partecipazione per ogni incontro è di 5 euro, comprensivo dell’aperitivo. Partecipazione gratuita per i soci HousingLab

I posti per gli aperitivi sono limitati, iscrivetevi mandando una mail a: info@housinglab.it

La casa: il luogo degli affetti

12_img_0970La  psicoterapia psicoanalitica ha come strumento principe, secondo Winnicott, la capacità di giocare del paziente e del terapeuta. Cioè la capacità di abitare quella terra di mezzo, chiamato spazio transizionale, dove entrano in contatto aspetti della realtà e della fantasia. Un spazio creativo nel quale nascono nuove letture della realtà.

Questo processo è ancora più facilmente realizzabile nella terapia dei bambini che per statuto hanno il gioco come loro compito vitale. Quello che si verifica nella stanza delle parole, il luogo della terapia, è un gioco di tipo simbolico: quello che accade ha un significato profondo capace di mostrare aspetti della soggettività del bambino. È possibile utilizzare diversi strumenti per realizzarlo: macchinine, palline, pentolini, una semplice sedia, ecc. Nella mia stanza delle parole però c’è un’ospite d’eccezione: una casa. Quindi in uno spazio ampio, la stanza, c’è un luogo più piccolo, la casa, che si trasforma nel luogo degli affetti. Questa casa ha una storia lontana, la prima è nata molti anni fa nello studio di una mente creativa: Enrica Crivelli, psicoterapeuta infantile. Avendo lei il desiderio di conoscere in senso profondo i bambini che giungevano nella sua stanza delle parole, Enrica ha deciso di costruirsi uno scenario dove permettere loro di giocare i proprio conflitti, le proprie sofferenze e i propri bisogni. Così con pezzi di compensato, viti e carta colorata è nata una fantastica casa. Io ho avuto il piacere di vederla qualche anno fa nel suo studio e ne sono rimasto affascinato e così nell’estate è nata una casa che riprende il progetto di Enrica e che potete vedere nelle foto presenti in questa pagina.

È facile comprendere che in quelle stanze può accadere di tutto, possono prendere forma le fantasie che ingombrano la mente dei bambini, possiamo vedere delle dinamiche famigliari che riprendono quanto accade nella realtà, possiamo vedere in scena i ruoli affettivi e quindi capire come l’esperienza li ha saturati e costruiti. Ecco che la casa diventa una lente per leggere il mondo interno del bambino ma anche un contenitore dove permettere a lui di lasciare gli affetti troppo ingombranti.

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Papà ti scrivo così ci capiamo

Il 29 ottobre alla Ristorazione Sociale di Alessandria si terrà un laboratorio di scrittura per emozioni. I ragazzi ci racconteranno la figura del padre: desideri, paure, aspettative, momenti condivisi.

A breve pubblicheremo altre date perché questi laboratori saranno itineranti e toccheranno quindi altre città: Novara, Milano, Padova, Galliate…

Dimenticavo il tutto sarà condotto da me e Antonio Ferrara con la partecipazione del libro Se saprei scrivere bene.

Vi aspettiamo!