Psicopatologia e Ragionamento Clinico

9788860302397Cesare Albasi

Psicopatologia e Ragionamento Clinico

Pagg. 311 – € 27,00

Casa Editrice Raffaello Cortina, Milano 2009

 


“Un’idea, un concetto, un’idea,


finché resta un’idea,

è soltanto un’astrazione”

(Gaber G.; Un’idea, 1972)

 Il libro Psicopatologia e Ragionamento Clinico di Cesare Albasi, ci offre un’importante occasione per riflettere sul processo diagnostico e sull’importanza che la soggettività del paziente riveste in esso; ben collocandosi all’interno dell’attuale riaccendersi del dibattito sulla diagnosi e sulla psicopatologia scaturito intorno al Manuale Diagnostico Psicodinamico (PDM Task Force 2006).
L’A. è psicologo, psicoterapeuta ad orientamento psicoanalitico relazionale di bambini, adolescenti e adulti (membro ASP e SIPRe), e ricercatore in Psicologia Clinica presso l’Università degli Studi di Torino, insegna in numerose scuole di psicoterapia, sia ad orientamento psicoanalitico, sia sistemico che cognitivista. Fondamentale, nel suo discorso, l’apertura al confronto costruttivo tra orientamenti differenti, esemplificata dalla quinta parte del libro in cui vengono esposte, come arricchimento di riflessioni sulla psicopatologia e sul ragionamento che l’accompagna, prospettive teoriche cognitiviste e sistemico relazionali.
Il volume affronta la psicopatologia in una prospettiva evolutiva, tenendo in considerazione i contesti dello sviluppo (come risorse per l’individuo nell’affrontare i compiti evolutivi), e si offre come testo di riferimento per avere una cornice concettuale utile alla diagnosi, anche in adolescenza.

Nella parte iniziale testo ci viene fatto conoscere in modo dettagliato il contesto della clinica. In esso rientra la comprensione del paziente, di colui che soffre, che porta nell’incontro con il terapeuta la propria soggettività, fondata sulle relazioni vissute, sui significati attribuiti all’esperienza. La singolarità diviene, quindi, l’elemento essenziale che guida il rapporto con il paziente.

In questo incontro, che diviene poi lavoro sul caso, rientra la dimensione del ragionamento, ovvero quell’articolarsi di riflessioni, di passaggi che conducono alla comprensione del funzionamento del paziente. Ragionamento clinico inteso non come processo asettico, ma condizionato dalle caratteristiche emotive e cognitive del singolo che lo contraddistinguono in quanto essere umano, e dalla conseguenza della psicopatologia del paziente (Lang, Del Corno, 2005). Questo ragionamento si fonda su tre logiche, presentate in modo approfondito dall’A. attraverso un paragone con la semiotica. La prima logica associa la semantica, ovvero lo studio dei termini che usiamo per comunicare al fine di raggruppare quelli che hanno un significato condiviso, alla nosologia, “il paziente ha, quindi, una malattia di cui si può parlare tramite una sorta di dizionario condivisibile da tutti” (pag.19). E’ quindi una modalità di pensare sulla base di somiglianze con categorie e tipi generali. La seconda logica mette a confronto la sintattica, insieme delle regole che normano il combinarsi semantico delle parole, e l’approccio dimensionale alla psicopatologia. In questo caso è possibile affermare come il ragionamento parta da teorie generali sul funzionamento psicopatologico per giungere a riflessioni centrate sulla singolarità del paziente.

La terza e ultima logica è quella che sottende la pragmatica, ovvero il contesto nel quale avviene la comunicazione, e la conoscenza della psicopatologia tramite i livelli impliciti e procedurali del funzionamento mentale. Possiamo dare a questa terza logica una connotazione fortemente relazionale che sembra favorire molto il realizzarsi del tatto psicologico di Ferenczi (1928): questi elementi impliciti permettono al terapeuta di capire il modo di entrare nella relazione e di starci, facendo sentire l’altro accolto, conosciuto, pensato. E ancora osserviamo come questo modo di costruire la relazione con il paziente sia fondamentale per “avvicinarsi e ritirarsi, provando a entrare nella [sua] soggettività”, per poi uscirne e “riflettere sull’esperienza dell’immersione” (McWilliams, 2004; pag.41).

L’esposizione di queste tre logiche conduce anche ad alcune riflessioni su quelli che sono i manuali utilizzati nella pratica clinica. Va osservato infatti come la logica nosografica e quella dimensionale abbiano corrispondenza l’una con il DSM, l’altra con il PDM. Se nel DSM troviamo un appiattimento delle peculiarità del paziente, nel PDM troviamo un’esaltazione di quella che è la sua soggettività. Soggettività che viene letta su tre dimensioni: quella del funzionamento mentale (Asse M), quella della personalità (Asse P) e quella dei pattern sintomatici (Asse S); a quest’ultima è dedicata un’ampia e completa trattazione riguardante l’aspetto descrittivo della psicopatologia (Cap. V, scritto con C. Lasorsa). Soggettività che nasce, si forma e si trasforma in modo continuo all’interno delle relazioni con persone significative. Infatti, essa viene fatta rientrare, a pieno titolo, in quel vasto e dettagliato discorso sulla teoria dell’attaccamento e quindi sui MOI. Di questi ultimi si sottolinea la loro molteplicità: molteplici centri che costruiscono il significato dell’esperienza personale e assimilabili, a livello teorico, ai pattern di personalità dell’Asse P.

È proprio questo raffronto con l’Asse P ad offrirci una lettura della psicopatologia attraverso la lente dei MOI. Pensando ai tre livelli di funzionamento proposti dal PDM, ci viene detto come a livello sano si possa osservare un’integrazione dei vari MOI; a livello nevrotico si possano cogliere dei conflitti tra i diversi MOI che desiderano ottenere il primato di attribuzione di significato all’esperienza e infine al livello borderline scorgiamo dei deficit di funzionamento e di connessione dei MOI.

Per comprendere meglio quest’ultimo livello di funzionamento, l’A. argomenta il concetto di Modello Operativo Interno Dissociato (Albasi, 2006, 2008a, 2008b). I MOID si formano in contesti di attaccamenti traumatici: all’interno della relazione di attaccamento non viene riconosciuta la soggettività dall’altro significante, soggettività che viene confinata in un’altrove, disconnesso dagli altri MOI. Viene inoltre messo in evidenza che i MOID rimangono soltanto ad un livello procedurale; questo accade perché essi non possono offrire soluzioni integrate alla regolazione affettiva, possono solo manifestarsi come azioni prive di significati soggettivi. Il soggetto compie delle azioni suscitate dalla situazione interpersonale e “non sa il perché delle proprie azioni” (Bowlby, 1980, pag 70).

Come esempio paradigmatico di attaccamento traumatico e di formazione dei MOID, l’A. propone l’abuso sessuale intrafamigliare. Il bambino, bisognoso di contattato e tenerezza, è avvicinato dal genitore sessualmente eccitato. Il bambino è spaventato e intimorito. Il genitore esclude dalla sua mente la soggettività del figlio e gli spiega che quello che sta facendo non è altro che una prova d’amore. Nel bambino cresce lo spavento e il timore. L’atto si compie. Tutto nella casa torna normale. Il bambino per continuare a vivere deve confinare quest’esperienza nei MOID “guardiani e custodi” (pag. 206) di questa paradossale vicenda.

Lasciando questi “ladri di soggettività” (pag. 205) e tornando alle riflessioni sul Manuale Diagnostico Psicodinamico (PDM Task Force 2006), si giunge alla presentazione del Questionario sul Funzionamento Mentale – QFM-27 (Albasi, Lasorsa, Porcellini, 2007)[1], sintesi e realizzazione di tutte le riflessioni contenute in questo testo. Possiamo pensare a questo strumento come alla tavolozza del pittore: il clinico è chiamato a fare un ritratto dal vivo, a tratti deciso e a tratti abbozzato, che riesca a rappresentare la soggettività, la singolarità del paziente. Rimanendo nella metafora della pittura, possiamo riferirci alla corrente impressionista e al suo intento di voler cogliere ogni cambiamento nella realtà osservata[2] rifacendo quadri con uguale soggetto ma con piccolissime variazioni; bene, questo è ciò che il QFM-27 permette di fare: la compilazione del questionario e la revisione dello stesso dopo alcune sedute permette di approfondire la valutazione del paziente (ovvero la diagnosi) regalandoci lo stesso ritratto ma sempre diverso, con nuove sfumature di colore.

Pensando al lavoro clinico con gli adolescenti, è possibile affermare come il Questionario sul Funzionamento Mentale permetta di cogliere, rimanendo in un’ottica evolutiva, la costruzione dell’identità, la riorganizzazione delle relazioni con gli oggetti interni, sia relativamente all’immagine di sé e del proprio valore sia relativamente alle relazioni con gli altri significativi e, soprattutto, di stabilire se l’adolescente ha risorse sufficienti per affrontare i compi evolutivi a cui è chiamato. Tutti aspetti fondamentali per fare diagnosi in adolescenza (Riva, Trionfi, 2004).

Concludendo si può osservare come l’esergo si fa sintesi. Esso ha in sé due tipi di metamorfosi che coinvolgono il concetto di idea: la prima, se vogliamo più immediata e già compiuta, è quella di vedere nella fisicità del volume recensito la concretizzazione delle idee che in questi anni hanno attraversato la mente dell’A. La seconda fa invece riferimento ad un aspetto più implicito, più sottile, ovvero l’importanza di cogliere la forza generatrice delle idee contenute in questo testo, affinché divengano feconde nella pratica clinica. Si può affermare con certezza che questo libro di Cesare Albasi riuscirà sicuramente a compiere anche questo secondo cambiamento, divenendo così punto di riferimento per molti psicologi e psicoterapeuti.

 

Filippo Mittino

 

Bibliografia

Albasi C., (2006), Attaccamenti traumatici. I Modelli Operativi Interni Dissociati. UTET, Torino 2006.

Albasi C., (2008a), Modelli Operativi Interni Dissociati: una prospettiva relazionale sull’attaccamento, il trauma, la dissociazione. In V. Caretti, G. Craparo, (a cura di), (2008), Trauma e psicopatologia. Un approccio evolutivo relazionale. Astrolabio, Roma.

Albasi C., (2008b), Modelli Operativi Interni Dissociati, funzionamento mentale e psicopatologia. AeR-Abilitazione e Riabilitazione, n. 1, pp. 9-36.

Albasi C., Lasorsa C., Porcellini E., (2007), QFM-27. Questionario sul Funzionamento Mentale. In http://www.pdm-qfm.com

Bowlby J., (1980), Attaccamento e perdita, vol.3, La perdita della madre. Tr. It. Bollati Boringhieri, Torino 2000.

Ferenczi S., (1928), L’elasticità della tecnica psicoanalitica. In Opere, vol. 4. Tr. It. Raffaello Cortina, Milano 2002.

Lang M., Del Corno F., (2005), Elementi di psicologia clinica. Franco Angeli, Milano.

McWilliams N., (2004), Psicoterapia psicoanalitica. Tr. It. Raffaello Cortina, Milano 2006.

PDM Task Force, (2006), Manuale Diagnostico Psciodinamico. Tr. It. (a cura di Del Corno, Lingiardi) Raffaello Cortina, Milano 2008.

Riva E., Trionfi C., (2004), La valutazione clinica. In A. Maggiolini, G. Pietropolli Charmet, (a cura di), Manuale di psicologia dell’adolescenza: compiti e conflitti. Franco Angeli, Milano.

 

 

[1] Il Questionario sul Funzionamento Mentale è stato elaborato a partire dalle nove categorie dell’Asse M del PDM (PDM Task Force, 2006). Gli item mettono in evidenza alcune dimensioni cruciali (capacità o funzioni mentali di base) del funzionamento mentale del paziente. Ogni categoria è descritta da tre affermazioni: la prima considera ciascuna capacità come una risorsa a disposizione del paziente, che lo sostiene nel suo funzionamento mentale (livello sano di funzionamento); la seconda, come una funzione condizionata e limitata da conflitti specifici (livello nevrotico di funzionamento); la terza descrive uno sviluppo deficitario della capacità in oggetto (livello borderline di funzionamento; punteggi alti attribuiti a questi item indicano un funzionamento molto deteriorato nel range borderline). La valutazione avviene su una scala da 0 a 4 (0 = per nulla, 4= del tutto). Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.pdm-qfm.com.

[2] Pensiamo a Monet che per raffigurare la cattedrale di Rouen eseguì una trentina di quadri per ottenere l’instantanéité: quando l’effetto luminoso mutava, sospendeva il lavoro e lo proseguiva sul quadro successivo per aver un’impressione esatta di “quella” chiesa in “quel” preciso momento.

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